Mi sono resa conto che dall’ultimo post scritto dalla e sulla gravida ansiosa è passato un mese. Un mese in cui gli impegni si sono quadruplicati (invece di ridursi al minimo visto che siamo giunti ormai quasi alla fine di questa gravidanza ma, ne sono certa, non della gravidansia e più in là vi dirò le mie motivazioni) e tra corso preparto, monitoraggi, impegni dell’ultima ora, il tempo sta scivolando veloce verso quello che, emotivamente, sarà l’evento più devastante della vita della gravida ansiosa, in senso, ovviamente, positivo (spero). Di buono c’è che tutto questo correre a destra e a sinistra ha smorzato un po’ le ansie, non perché le ha curate, ma solo perché le ha messe in secondo piano, per cause di forza maggiore. Insomma, come dire, pensare ad altro ha anestetizzato un po’ quella parte di cervello che tende ad andare in paranoia frequente. Ma non preoccupatevi perché dalla gravidansia non si guarisce così facilmente, anzi, potrebbero arrivare, quando meno ve lo aspettate, ricadute più turbolente.
Infatti, dopo giorni e giorni di cose da fare, programmare, risolvere mi sono fermata un attimo a riflettere, vuoi per via dell’incontro con la psicologa durante il corso preparto, vuoi perché l’occhiata lanciata al calendario mi ha fatto comprendere che due settimane non sono poi così tante e l’arrivo di Mr Pippins è più che imminente e, soprattutto, per il fatto che no, non sarà una cicogna a bussare con il becco alla mia porta, ma ci dovrà essere un bel lavoro di squadra da entrambe le parti (Gravidansia+Mr Pippins).
In questo mio riflettere mi è tornato alla mente anche uno dei tanti libri letti in questi mesi. Si, la gravida ansiosa è una secchiona (se non lo avevate capito) e, se le ansie che si fa venire da sola non sono sufficienti, occorre trovarne di nuove con letture ben specifiche. Era un po’ che ne volevo parlare, ma per un motivo o per un altro, ho sempre rimandato. E la ragione non è niente di più del fatto che è un libro controverso, o meglio, così l’ho vissuto io all’inizio, un libro che ti mette di fronte a una visione completamente diversa dalla tua di quello che sarà il momento del parto (e i momenti immediatamente successivi), terrificante, terrorizzante e che ti fa pensare che, forse, se la notizia si diffonde troppo, il premio madre dell’anno non te lo daranno (ma tanto non me lo darebbero in ogni caso). Ma, poi, ti rendi conto che risale al 1975 e che, in tutti questi anni, nessuno è stato mai arrestato per “obbligo ad una nascita brutale”. Si, perché sulle prime pensi che, forse, gli Spartani non erano nemmeno così duri con i nascituri e che, la selezione, avveniva ben prima del bagno finlandese. Poi cambi idea.

Sto parlando di Per una nascita senza violenza di Frédérick Leboyer*, un testo che non fa rimanere indifferenti, che in molte hanno letto e che, almeno per ciò che riguarda la gravida ansiosa, è stato davvero illuminante. Non dico che sia stato una folgorazione sulla via di Damasco, perché di certo una soluzione al problema posto non sono riuscita a trovarla, ma, quantomeno, leggendolo fino in fondo, sono riuscita a cambiare opinione su quello che sarà questo magico evento, passando da torturatrice medievale (come pensavo inizialmente) a possibile effetto placebo per mio figlio. La cosa che, sicuramente, ho pensato facendomi strada in quel turbinio di emozioni, sensi di colpa e visioni tragiche, è stato che tutte le mie paure sul parto sono frutto di un egoismo che una madre dovrebbe mettere da parte. Non sono io il Calimero della situazione, ho deciso di intraprendere il cammino della gravidanza consapevolmente, comprese le gioie e i dolori del parto, mentre Mr Pippins si trova nell’occhio del ciclone senza averlo scelto, in qualche modo. E questo cambia tutto.
Per chi non lo avesse letto, questo libro, scritto dall’ostetrico e ginecologo francese Frédérick Leboyer, descrive il parto visto dalla parte del piccolo che sta venendo al mondo, di come le cose cambiano per lui e di cosa, in qualche modo, si può cercare di fare per rendere meno traumatica l’esperienza. Fortunatamente i meccanismi di preservazione mentale dopo un po’ formattano il cervello e cancellano, o almeno relegano nell’anfratto più remoto, l’evento che qui è descritto come il momento più traumatico che si possa vivere, altrimenti, se ne avessimo memoria, forse saremmo già estinti da un pezzo.
Cito alcune frasi della prima parte che reputo significative per comprendere meglio:
Si dice e si crede che il neonato non sente nulla. E invece sente tutto. (p. 26)
[…] e la sua pelle, che ne è della sua pelle? Sottile, fine, quasi priva di epidermide, viva come una scottatura: il minimo contatto la fa vibrare. (p. 30)
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